Raccontare storie.

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Ci vuole coraggio e potenza per dare vita a storie. Quando tento di scrivere, devo fare i conti con una parte di me che trattiene, censura, non mi dà la licenza di continuare, mi tiene in ostaggio. E allora le chiedo gentilmente di farsi da parte, di permettermi di passare alla frase successiva, di non rallentare quel pensiero che mi porta poi alla paralisi.

Non so quale sia il modo giusto di raccontare, so che vorrei conoscere quella scrittura leggera che sa planare dall’alto, quel flusso inarrestabile e incontenibile, quella sostanza che sa imporsi sui suppellettili e liberarsene. Conciliare la bellezza di sogni e pensieri con le disarmonie dei marciapiedi e di quelle righe sghembe che li percorrono.

Sono molte le storie che danzano nella mia testa, poche quelle che ho la forza e la capacità di raccontare. Ci sono storie dedicate alle madri, ho il debole per quelle, probabilmente sogno un giorno la possibilità di sentirmi riservare parole gentili, di amore, magari anche di rabbia, di sentimenti forti. Ci sono storie ispirate a chi entra in punta di piedi nella nostra vita, comparse capaci di segnare il tempo, di lasciare scie di profumo persistente. E storie di personaggi che affiorano e continuano a cercarci, ci chiedono di prendere forma, ci invitano a seguirli lungo un percorso che non conosco ancora. Mi chiedono di fidarmi e affidarmi, alla ricerca di una visione. Ci sono le storie degli altri, quelle che ci vengono quotidianamente raccontate, delle amiche più care, degli amici degli amici, dei compagni persi e ritrovati che hanno fatto un pezzo di strada con noi, in ognuna c’è un frammento da ricordare, ripensare e custodire. Ci sono le storie dei grandi, che si distinguono per i loro gesti, azioni capaci di cambiare l’assetto delle cose. E quelle degli sconosciuti che proprio oggi ho visto alla Creperie Bariolé e sui quali ho fantasticato, immaginando esistenze burrascose e lente e noiose vite, scandite da abitudini stantie.

Ci sono storie di infanzia, voci di cose perdute, ricordi lavati dal pianto e ricordi intrisi di dolcezze. Storie di estati passate ai Bagni Nettuno, sotto il Castello di Altavilla, nell’incontaminata penisola di Lefkada. Storie di uomini che perdono, si perdono e si ritrovano a un punto di partenza. A uno di loro in particolare auguro un nuovo inizio.

Fuori c’è un tiepido sole. Scaldo le mani, infilandole nel cappotto e cammino.

Mi piace soprattutto questo momento di passaggio, a fine giornata, quando gli impegni lavorativi sono finiti e rimangono sul marciapiede solo tracce slavate di passi e attività svolte. Saracinesche che si abbassano, la gente che rincasa, le luci accese nelle case in cui ti chiedi cosa stia succedendo, tetti e comignoli che svettano, la bellezza dei bovindo dei palazzi d’epoca di Cit Turin. Piccoli tocchi di irregolare eleganza. È lì che trovo la città che amo, nei silenzi, nelle pieghe, nei passaggi serali. Mi soffermo su una ragazza bella con un sorriso che invade completamente il suo volto, la intravedo di spalle, pare felice, ascolta e inclina il capo. Di fronte a lei un ragazzo con i capelli lunghi biondi rasta, è alto, robusto, me lo immagino affascinante, ma non riesco a vederlo. Si capisce che sa farla sorridere, le porge qualcosa, ma non riesco a capire se si tratti di un fiore o piuttosto di qualcosa che ha creato per lei. Li seguo con lo sguardo, sembrano provenire da vite lontane, ha un che di inconsueto il loro incontro. Poi proseguono per la strada. Sono vicini, ma non si sfiorano e parlano, non smettono di parlarsi. E lì sono sicura che si tratti di parole senza censura, che volano libere, che non si lasciano circoscrivere entro confini troppo piccoli. Vorrei che si prendessero per mano, ma non è nemmeno necessario.

Da qui potrebbe nascere una storia, magari ce l’ho già davanti agli occhi, ma per trovarla ci vuole il  coraggio di lasciarsi trascinare dentro.

22 thoughts on “Raccontare storie.

  1. Cara Margherita,
    l’incipit del tuo post mi ha ricordato tantissimo un bellissimo articolo di Emanuela Canepa che ho letto in questi giorni https://ilibrideglialtri.com/2018/03/23/scrivere-e-liberare-ostaggi/ in cui la brava scrittrice rivela di avere delle difficoltà nello scrivere che sono molto vicine a quelle che dichiari di avere anche tu. Considerando che lei ha vinto il premio Calvino, direi che sei sulla buona strada. 😉

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    1. Cara Alessandra, quell’articolo è davvero bello e mi è stato proprio ispiratore…lungi da me poter pensare di avvicinarmi anche solo lontanamente a quel tipo di scrittura, ma condivido la riflessione. Per me scrivere è un’operazione anche faticosa, di cesellatura, di autocontrollo, spesso di eccessiva censura. E d’altra parte ormai è qualcosa che sento far parte della mia vita, alla quale non riesco più a rinunciare. Da qualche tempo sto provando a scrivere storie, brevi racconti, e non per è per nulla semplice, ma bello e stimolante! Ti abbraccio

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      1. Pensa che anche io ho scritto un post ispirandomi a quello stesso articolo, prima o poi lo pubblicherò. E’ vero, la scrittura quando ti entra dentro è difficile da abbandonare, ti capisco molto bene. Attendo le tue storie. un abbraccio.

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  2. Quel pudore di cui parli, lo conosco anche io. Magari è un blocco che si sbloccherà, o invece caratterizzerà lo stile dei tuoi scritti. Tu però riesci sempre a trasmettere, la qualità più importante per chi decide di comunicare

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    1. Grazie davvero, hai sempre parole di stima che mi incoraggiano. Tu hai un talento naturale per scrivere storie. I tuoi post sono sempre dei fotogrammi pieni di vita e suggestioni, ora più ironica, ora più riflessivi. Veramente!!! Spero che tu abbia passato una Buona Pasqua, un abbraccio

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  3. In noi e attorno a noi pullulano storie, che hanno bisogno di decantare per essere raccontate. Una vicenda umana, che riguardi noi o altri, necessita di maturazione e rielaborazione, che ritengo fondamentali per la scrittura. Mi piace molto questa tua riflessione Margherita.
    L’augurio di una Pasqua serena a te e ai tuoi cari, di cuore. ❤

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    1. Grazie Primula! E’ sempre bello leggere i tuoi commenti e vedere che sei passata di qua. Mi chiedo spesso in questo periodo quali siano i modi e i toni più giusti per raccontare. E spesso mi incanto nel guardare le storie degli altri, alle quali aggiungere evoluzioni che immagino…chissà se questi pensieri porteranno da qualche parte…:-) Spero che tu abbia passato dei bei giorni di festa, un abbraccio di cuore!

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  4. Ci vuole curiosità, tanta curiosità e tu ne hai. La curiosità ci fa navigari tra gli altri a rubare vita, ad osservarla, immaginarla o percepirla, come sai fare. E poi ci vuole tanta incoscienza a metterla in parole, tu lo chiami coraggio, forse è solo incoscienza a farci dar vita a storie che si impadroniscono di noi, storie di altri che chiedono di essere raccontate. E’ un gioco da bambini. 🙂

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    1. Ma grazie! Come l’hai detta tu pare assai semplice…è vero ci vuole anche un po’ di incoscienza e maggiore libertà nel fra fluire le parole. Proverò così 🙂 grazie per le tue belle parole e buona giornata!

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  5. Inventare storie è molto più difficile che scriversi in un flusso di coscienza. Almeno per me. Non ho paure di scivolare nelle storie – come dici – ma il sospetto di non riuscire ad architettarle, a strutturarle. Il timore di partire magari a razzo e poi trovarmi che dopo due righe inciampo, mi fermo e non so più dove andare. E le grandi emozioni che ci volevo mettere, che mi spingevano, sembrano screditate, è come se non valessero più, perché non ho saputo dar loro giustizia. Così ho perso la narrazione. E anche il sentimento. 😦

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    1. Si Maddalena, la paura può anche essere quella, eppure da un po’ di tempo oltre a scrivere di me e della mia vita sento più il desiderio e il richiamo a raccontare altro. Chissà magari è solo un momento, magari si scoprono altri orizzonti 😉

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  6. Margherita, ma come mai, senza saperlo ho scritto un post così in qualche modo affine al tuo? Quanto siamo vicine e complementari? Bacini (per me la scrittura è l’antidoto)

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